B. è entrata per la prima volta nel mio studio perché aveva sentito in tv che questa nuova disciplina con un nome veramente strano – “Pilates” – aiutava le persone a stare meglio.Mi ha fatto subito simpatia, perché quando ha visto tutte le macchine di Pilates mi ha detto: “Immagino che facciano bene, ma sembrano macchine per le torture”, con il suo spiccato accento tedesco.B. era una donna di quasi 70 anni, molto gentile ed educata, con un lessico impeccabile, tipico di una certa generazione e di chi ha ricevuto un’educazione degna di una famiglia molto benestante; era elegante nel suo portamento quasi regale e sicuramente orgoglioso nonostante la sua evidente scoliosi, che la costringeva a rimanere inclinata come la Torre di Pisa.Ho immediatamente pensato che fosse venuta da me per un mal di schiena dovuto alla sua scoliosi e già nella mia testa costruivo i passaggi che avrebbero potuto aiutarla a stare meglio.Ci siamo sedute e lei ha iniziato a parlarmi di sé, mentre io prendevo qualche appunto.Mi ha detto che giocava a golf, che amava il golf, che era la sua unica passione a parte ovviamente fare sci di fondo d’inverno a casa sua a St. Moritz… ma il golf era il suo grande amore.Mi ha spiegato che riusciva a camminare per ore durante un torneo e che questo stare in mezzo alla natura la faceva sentire così bene che non sapeva come spiegarlo. Oltretutto il golf le permetteva di evadere un po’ dal suo ruolo di moglie, avendo un marito di 14 anni più grande di lei, e che se una volta la differenza d’età non le pesava, ora invece un po sì. Mi son detta: “Che forza ha questa donna di 70 anni! Mia madre ne ha 60, ma è tanto se riesco a farla muovere una volta al mese!”Mi ha detto che non poteva assolutamente fare a meno del golf, che è diventata ormai quasi una dipendenza, specialmente quando le giornate erano calde e illuminate dal sole. Mi sono chiesta: “Come diavolo fa a giocare a golf con quella scoliosi? Ovvio che le fa male la schiena”, rimanendo salda nella mia convinzione del perché B. avesse varcato la soglia del mio studio.Perciò le ho chiesto come potevo esserle d’aiuto. Mi ha sorpreso dicendomi che da parecchio tempo soffriva di un fortissimo dolore alla spalla che le impediva di eseguire il suo Swing; non riusciva più a giocare e questo creava in lei una grande frustrazione. Le ho chiesto se era stata da un ortopedico, se era stata seguita da un fisioterapista o un osteopata… insomma, le figure specializzate. Mi ha risposto che tutti concordavano con la diagnosi di “spalla congelata” e che per loro l’unica soluzione era l’intervento chirurgico.Lei era un’ex atleta; pensate, era venuta in Italia per le Olimpiadi di Roma del 1960, come riserva nella squadra di nuoto della Nazionale austriaca; con rammarico non aveva gareggiato, ma quella era rimasta comunque una delle esperienze più belle della sua vita. Non era più tornata in Austria ed era rimasta in Italia, anche se giovanissima. Poi come in tutte le belle storie si era innamorata di questo uomo più grande di lei e avevano avuto 4 figli.In breve, con la mentalità combattiva e determinata che contraddistingue gli atleti, l’idea di un intervento rimaneva l’ultima delle sue opzioni, e per questo era venuta a verificare se questo fantomatico Pilates potesse essere la soluzione al suo problema.B. non riusciva a sollevare il braccio dolente senza l’aiuto dell’altro braccio, quando si sedeva a tavola per mangiare; anche guidare le era quasi impossibile, per via del dolore.Abbiamo iniziato a vederci per le nostre sessioni private 3 volte la settimana per i primi 3 mesi; sono riuscita a riportarla a guidare senza sentire dolore. In seguito siamo passate a 2 volte la settimana. La sua costanza e la sua determinazione a venire da me, senza mai saltare un appuntamento, mi riempivano di gioia e di gratitudine. Lei era il mio primo vero caso clinico: il mio obiettivo era di tornare a far muovere quel braccio senza dolore, a tutti i costi.Quindi studiavo, mi confrontavo con colleghe più esperte, collaboravo con un osteopata che, oltre a manipolarla, mi suggeriva quali esercizi in più potevo farle fare, ma mi diceva anche che stavo facendo un buon lavoro.Ovviamente nella mia pianificazione del lavoro studiato per lei era compresa la sua postura: ho insegnato a B. come muoversi, rinforzando i muscoli deboli e allungati, a mobilizzarsi e ad eseguire degli esercizi di respirazione prima di ogni allenamento al campo di golf.Abbiamo lavorato per oltre un anno con costanza. B. migliorava di mese in mese, e anche la sua postura era cambiata. Chi la incontrava le chiedeva: “Ma cosa hai fatto? Stai benissimo!”Mi diceva che anche i suoi figli erano stupiti di come camminasse molto più dritta e armoniosa.Dopo poco più di un anno ha ripreso completamente a muovere il suo braccio, e, cosa più importante, ad evitare l’intervento e migliorare anche il suo Swing.Un giorno mi ha detto: “Avevo ragione a non voler fare l’intervento; grazie mille piccola, sei speciale!”. Ovviamente mi sono sciolta come un gelato dall’emozione, mi sono detta: “Sono riuscita ad aiutarla!” ed è stata una sensazione bellissima.La fantastica storia di successo di B. non è finita! Sono passati quasi 15 anni e B. è una delle clienti veterane dello studio. Per anni l’ho seguita da sola per ben 2 volte alla settimana; non voleva lavorare con altre persone, la cosa la metteva a disagio.Ora frequenta le classi di piccoli gruppi con donne della sua generazione, e ha consolidato nuove amicizie, annullando le sue convinzioni. Tanto che nel giugno del 2015 ha partecipato a una vacanza “wellness” di una settimana che avevo organizzato a Pantelleria, e ancora oggi ne parla come una delle vacanze migliori della sua vita.Grazie, B., per la tua fiducia.Questo è il mio primo grande successo come insegnante di Pilates che mi ha permesso in seguito a continuare a studiare, a formarmi e a far ottenere a tante altre persone i loro obiettivi.Se anche tu hai bisogno di aiuto per riprendere in mano il tuo corpo, scrivimi,
Vi presento la signora B.
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Apr